venerdì, giugno 11

La vespa intorno al mio alveare

I loro pensieri non sono i miei,
le loro azioni non riesco a capire.
i loro valori mi sono alieni,
come il richiamo di una vespa intorno all'alveare
sento il suono ma non la voce.
Ogni volta osservo i volti,
le espressioni e le parole,
ma non comprendo le motivazioni.

E allora ho paura.


Paura che siano contagiosi, paura della nullità che espandono lasciando la mia anima scavare con radici di pensieri alla ricerca disperata dell'acqua. Più giù, sempre più giù, dai molli e fertili anni della giovinezza fino alla corteccia di argilla e sassi dell'adolescenza, farsi strette per passare tra di essi e scavare in basso nello spesso strato di anni che rappresentano tutto, e che loro trasformano in niente. La sete, una sete tremenda minaccia costantemente di uccidere la mia anima, le sue foglie in superficie sono opache e sottili. La prima pietra che vi rotoli sopra le distrugge. Ed intorno a me altre anime anch'esse assetate da sempre, in competizione con me. Inamovibili dal loro ceppo di pelle, razza, colore, cultura, parola e modo di scrivere. Tutte abbiamo sete noi anime, e scaviamo incessanti, scaviamo mentre camminiamo per strada, leggiamo un libro, facciamo sesso, tiriamo calci ad un armadio. Ognuno sceglie la sua strada, la fenditura nella terra in cui lanciarsi lentamente con radici sempre più fragili più in basso vanno. Eppure basterebbe un poco di pioggia, qualche goccia dall'alto che scivolando rapida sulle mie foglie avvizzite e gialle bagnasse la terra fertile dei sogni infantili, della gioia fine a se stessa, degli istinti primordiali in cui non c'è ancora un Io Sono, non c'è gruppo, c'è solo meraviglia e lacrime, fame e paura.

La sete è così grande che basterebbe quello a placarla seppure per poco. Ma tutte quelle gocce si farebbero lago sotto la terra, e le radici parsimoniose per tutta la vita raccoglierebbero quel che serve e lo porterebbero su, scivolerebbero dentro di esse in alto sfidando la gravità per raggiungere l'anima che esisteva l'attimo prima che nascessi biologicamente, la scintilla che ha accesso i neuroni del mio cervello. è questo che ci tolgono con la loro mediocrità, con i loro stimoli che ci aggrediscono ogni istante in cui non dormiamo o siamo felici. Mangia! Lavora! Guarda! Scopa! Compra! Muori!

Non pensare, non serve! Viviamo in un mondo in cui apparentemente c'è già tutto quello di cui c'è bisogno. Ci sbattono in vetrina l'Africa, Haiti, ma non c'è nulla che possiamo fare. Ci mostrano un mondo alla fame ma allo stesso tempo ti fanno capire che il massimo che puoi realizzare è una "donazione". E finisci per dire - vaffanculo i bambini africani! -. Non capisci? Ti hanno tolto la pietà, ti hanno tolto il voler fare qualcosa per un'altra persona in difficoltà senza che la distanza o le altre barriere ti possano fermare. Hai imparato ad odiare qualcosa che non vedi, che ti mostrano senza lasciarti cambiare. E tu odi, e tu ti senti impotente e li disprezzi perché esistono. - Che si salvino da soli! - e così facendo ti tolgono la compassione, l'interesse che puoi avere per la vita di qualcun altro, non importa che pelle abbia o lingua parli. La compassione è questo, comprendere la sofferenza di un altro essere vivente, addentrarvisi e condividerne il dolore. Non perché faccia bene, non perché qualcuno te lo chieda, ma perché va fatto. è doloroso? Sì. Porta a qualche soluzione? Raramente. C'è qualcuno che mi vede mentre lo faccio? Mai. - E allora chi me lo fa fare? - e ti sei strappato via la dedizione, il fare qualcosa anche se non porta vantaggi ma semplicemente va fatto. L'accettare che la vita è anche dolore, che è difficile, che serve impegno e nessuno te lo riconoscerà. Accetti una vita semplice, ti illudi che non ti farai mai male, immagini sempre che le soluzioni arriveranno quando è il momento. E non serve più controllo, non servono telecamere, non servono opinioni o libertà di stampa. Non servono "bavagli" o megafoni. Sono schiavi, e ti trascinano tra di essi.

Prima che te ne accorga la tua anima avvizzisce, diventa scura e si perde nella polvere. Rimane solo un ceppo morto e qualche radice pallida sotto.

GASK

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